Omicidio Diabolik, ex di Calderon: “Raul mi disse ‘l’ho ammazzato'”

Scritto da il 18 Settembre 2023

(Adnkronos) – "Calderon mi disse 'ho ammazzato Diabolik'". Rina Bussone ha confermato, in videocollegamento da un sito protetto con l'aula bunker di Rebibbia davanti ai giudici della Terza Corte di Assise di Roma, le accuse al suo ex compagno Raul Esteban Calderon, imputato per omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi nel processo per il delitto di Fabrizio Piscitelli, leader degli Irriducibili, noto come 'Diabolik', ucciso con un colpo di pistola alla testa il 7 agosto del 2019 nel parco degli Acquedotti a Roma. La donna, ora sottoposta a programma di protezione, ha ribadito nel processo, rispondendo alle domande dei pm Mario Palazzi e Rita Ceraso, le dichiarazioni rese ai magistrati il 13 dicembre 2021 accusandolo. "Calderon mi ha detto che per l'omicidio ha preso 100mila euro in contanti e 4mila al mese, e che Leandro Bennato aveva pagato a sue spese e lo aveva fatto perché Diabolik stava mandando in giro voci su di lui come un infame, diceva che 'Leo era un infame'", ha spiegato. "Ho saputo dell'omicidio Diabolik dalla tv – ha detto la donna -. Una notizia che ha catturato la mia attenzione, ho subito pensato che era stato Calderon. Nove-dieci mesi prima, non più di un anno prima, era venuto da noi Leandro Bennato mentre Calderon era ai domiciliari e quando era andato via Raul mi aveva detto che Leandro Bennato voleva uccidere Diabolik e che voleva che fosse lui a farlo. In quell'occasione gli dissi che non ero d'accordo, che noi facevamo le rapine. Poi Calderon – ha ricostruito l'ex compagna nel corso dell'esame – è tornato in carcere e non se ne è fatto nulla ma quando ho sentito la notizia dell'omicidio ho subito collegato". La donna, attualmente ai domiciliari, ha ricostruito il 'colpo' messo a segno con due complici in una gioielleria in zona Casilina nel 2019 dove oltre ai gioielli aveva sottratto la pistola, una 9×21, che era stata estratta dal gioielliere per cercare di opporsi ai rapinatori. "Sono tornata a casa dopo quella rapina con la mia pistola, una 7×65, e la 9×21 del gioielliere. Sul mio pianerottolo abitava la mamma di un carabiniere che teneva davanti alla porta delle anfore con dei fiori e lì ho nascosto le mie 'bambine', io le pistole le chiamavo così – ha spiegato la donna in videocollegamento -. La sera poi mi ha citofonato Leandro Bennato, che io avevo conosciuto tramite Calderon, e mi ha detto che c’era una mia foto, un’immagine nitida della rapina e mi ha proposto di andare via la sera stessa ma mi dovevo organizzare. Lui mi ha detto anche che aveva un amico in Polizia, a via Genova, e che aveva saputo da lui l’informazione della fotografia. Mi ha chiesto anche dove fossero le pistole e si è portato via la 9×21, perché era una prova della rapina”.  "Intanto in quei giorni mi era arrivata la voce, 'una voce di popolo', che la vittima della rapina in gioielleria sapeva che ero stata io", ha detto la Bussone che ricostruendo il suo passato ha sottolineato come "le donne operative che facevano rapine in prima linea erano poche". Intanto "i due che avevano fatto la rapina con me non avendo avuto i soldi, dopo che io mi ero arrabbiata perché avevo saputo che avevano sottratto un orologio dal polso del gioielliere, mi avevano fatto arrivare delle minacce. E così decisi di andare via, a casa di un'amica che aveva il marito in carcere e un appartamento libero al mare". Leandro Bennato “tenne con sé la 9×21 per poco tempo – ha detto la donna – ho chiamato un amico e ho chiesto di farmi contattare dicendogli riportarmi la 'mia bambina'. La 7×65 si inceppava spesso e temevo ‘visite’ da parte di qualcuno”.  "Ci siamo visti a cena io lui e altre due persone e quando mi ha riaccompagnato a casa mi ha lasciato la pistola e ho visto che nel caricatore c'erano i colpi", ha spiegato. Uscito dal carcere "ho raccontato a Calderon della rapina in gioielleria, delle pistole e gli ho detto anche che le avevo sotterrato nel giardino e sulla buca ci avevo messo divanetto di vimini". In un primo momento, sentita la notizia dell'omicidio Piscitelli in televisione, "non ho fatto nulla – ha raccontato – in tv dicevano che l'omicidio era stato commesso con una 7×65 e mi era sembrato strano che Calderon potesse aver commesso un omicidio con una pistola che si inceppava. Allora ho sistemato mia figlia che era in casa con me e sono andata in giardino e lì ho visto che le pistole non c'erano". Allora "sono andata a casa a Roma, dove mi ha aperto Calderon, ero arrabbiata e gli ho chiesto dove fossero le 'bambine' (pistole, ndr.) e mi ha risposto che non c’erano più. Lui poi mi ha portato in camera da letto e mi ha detto 'ho ammazzato Diabolik'. Io gli ho chiesto allora 'ma lo hai fatto con la 7×65?' e lui mi ha risposto no 'con la 9×21'".  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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